Doronicum L. 1753 è un genere di piante spermatofite dicotiledoni appartenenti alla famiglia delle Asteraceae, dall'aspetto di fiori gialli simili alle margherite. È anche l'unico genere della tribù Doroniceae (sottofamiglia Asteroideae).
Il nome del genere (Doronicum) potrebbe derivare da un termine dell'Arabia: Doronigi o Doronidge. Il primo ad usare questo nome come valore di genere fu il botanico francese Joseph Pitton de Tournefort (Aix-en-Provence, 5 giugno 1656 – Parigi, 28 dicembre 1708); nome ripreso e confermato nel 1753 da Carl von Linné (Rashult, 23 maggio 1707 – Uppsala, 10 gennaio 1778), biologo e scrittore svedese, considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi[1].
Quelle di questo genere sono piante erbacee e perenni provviste di peli di vario tipo. La determinazione esatta della forma e lunghezza dei peli è molto importante per definire la specie nell'ambito del genere. Purtroppo alcuni peli sono distinguibili solamente con un buon microscopio a 20-50 ingrandimenti[2]. La tavola a fianco indica il tipo di peli presenti sul bordo delle foglie e sulla superficie delle squame dell'involucro che si possono dividere nei seguenti quattro tipi:
L'altezza di queste piante varia da pochi centimetri fino a 1,5 - 2 metri. La forma biologica prevalente (almeno per le specie europee) è geofita rizomatosa (G rhiz), ossia sono piante che portano le gemme in posizione sotterranea. Durante la stagione avversa non presentano organi aerei e le gemme si trovano in organi sotterranei chiamati rizomi, dei fusti sotterranei dai quali, ogni anno, si dipartono radici e fusti aerei.
L'apparato radicale può essere formato da un rizoma strisciante (non lanoso) oppure da un rizoma nodoso-tuberoso (in questo caso può essere lanoso nella parte apicale).
Le foglie sono generalmente intere con bordo debolmente dentellato (o continuo) e provviste di peli sia sulla superficie che ai bordi.
L'infiorescenza è formata da grandi capolini solitari o assemblati in modo corimboso quasi sempre di color giallo-oro che normalmente sovrastano l'apparato fogliare e assolvono alla funzione vessillare. La struttura dei capolini è quella tipica delle Asteraceae : un peduncolo sorregge un involucro a forma di coppa composto da più squame in più serie (2 o 3 serie per un totale di 20 – 30 squame) spiralate, che fanno da protezione al ricettacolo basale (nudo – senza pagliette o raramente peloso) sul quale s'inseriscono due tipi di fiori : quelli esterni ligulati (da 20 a 40 e di colore giallo chiaro) e quelli interni tubulosi (da 50 a 250 e di colore giallo accentuato). La forma delle squame è lanceolata o lineare. Diametro dell'involucro: 22 – 40 mm.
I fiori sono ermafroditi, zigomorfi, tetra-ciclici (formati cioè da 4 verticilli: calice – corolla – androceo – gineceo) e pentameri (calice e corolla formati da 5 elementi). Sono inoltre ermafroditi, più precisamente i fiori del raggio (quelli ligulati) sono femminili; mentre quelli del disco centrale (tubulosi) sono bisessuali.
I frutti sono degli acheni oblunghi con dei solchi o nervi longitudinali (da 5 a 10). Sono inoltre provvisti di pappo persistente i cui peli (da 40 a 50) sono disposti in serie multiple. Il pappo è formato da soli peli senza coroncina se il frutto è generato dai fiori centrali (tubulosi), altrimenti sono senza (o quasi) pappo se il frutto è generato dai fiori periferici. Grazie al pappo il vento può trasportare i semi anche a distanza di alcuni chilometri (disseminazione anemocora).
L'habitat di queste piante è quello tipico della flora temperata e temperata fredda dei rilievi montani europei, ma anche del Nord Africa, dell'Asia sud-occidentale (Turchia, Caucaso, Iran e Iraq) e delle regioni montane dell'India sub-himalayana e della Cina meridionale (Yunnan), probabile luogo di origine della maggioranza di queste specie. Nelle nostre zone allo stato libero, raramente scendono sotto i limiti di altitudine superiore del bosco di faggio o di castagno e comunque crescono in luoghi sassosi aperti o ai margini dei boschi sempre in luoghi più o meno freschi.
Delle 9 specie spontanee della nostra flora solo 6 vivono sull'arco alpino. La tabella seguente mette in evidenza alcuni dati relativi all'habitat, al substrato e alla diffusione delle specie alpine[4].
La famiglia delle Asteraceae (o Compositae) è la famiglia vegetale più numerosa, organizzata in oltre 1000 generi per un totale di circa 20.000 specie. Il genere Doronicum non è molto numeroso, comprende 30 - 40 specie (secondo le varie classificazioni), diffuse quasi unicamente nell'emisfero boreale (Vecchio Mondo), delle quali una decina sono proprie della flora italiana. Appartiene alla sottofamiglia delle Asteroideae e tradizionalmente viene attribuito alla tribù delle Senecioneae, pur avendo differenze morfologiche e biochimiche rispetto alle specie di questa tribù.[5]> Recenti studi attribuiscono al genere caratteri peculiari che ne giustificano la collocazione in una tribù a sé stante (Doroniceae), con affinità con il clade Calenduleae.[6]
All'interno del genere si individuano due sezioni:
Un altro sistema di suddividere il genere (e forse più facile del primo in quanto non si deve attendere lo sviluppo del frutto) è quello di considerare le foglie basali:
All'interno di quest'ultima sezione si può poi creare due ulteriori sottosezioni in base al tipo di radice:
Per meglio comprendere ed individuare le varie specie del genere (solamente per le specie spontanee della nostra flora) l'elenco che segue utilizza in parte il sistema delle chiavi analitiche[2] (per il tipo di peli vedere la tabella al paragrafo “Morfologia” - tra parentesi tonde vengono indicati i peli con una minore presenza).
Il genere di questa scheda ha avuto nel tempo diverse nomenclature. L'elenco che segue indica alcuni tra i sinonimi più frequenti:
Alcune piante di questo genere anticamente avevano impiego nella medicina popolare. Alcuni rizomi e radici possono essere velenosi, nondimeno venivano utilizzate per il loro presunto effetto tonificante (rafforza l'organismo in generale). Ma ora non più. Può essere interessante ricordare che il nome di una specie (Doronicum pardalianches) deriva dal greco e significa “capace di strozzare il leopardo” o anche “strangola pantere”; in effetti sembra (ma non è documentato con certezza) che anticamente si preparassero alcune esche con queste piante per sbarazzarsi di animali indesiderati[1].
Le prime documentazioni dell'uso orticolo in Europa delle piante di questo genere si hanno attorno al 1570. Altre specie vennero introdotte in seguito come il Doronicum altaicum (nativo della Siberia) nel 1738; oppure il Doronicum orientale (sinonimo di Doronicum caucasicum) nel 1815; e qualche anno più tardi il Doronicum austriacum (che contrariamente al nome ora vive anche su tutto l'arco delle Alpi italiane)[1]. Queste notizie ci dicono che l'uso principale che si fa di queste piante è nel giardinaggio (principalmente nei giardini rocciosi e alpini) e questo per merito di alcune caratteristiche positive delle specie di questo genere come i fiori grandi, la vivacità dei colori e la lunga fioritura oltre ad una certa resistenza ai climi freddi.
Doronicum L. 1753 è un genere di piante spermatofite dicotiledoni appartenenti alla famiglia delle Asteraceae, dall'aspetto di fiori gialli simili alle margherite. È anche l'unico genere della tribù Doroniceae (sottofamiglia Asteroideae).