Gli Apoidei (Apoidea Latreille, 1802) sono una superfamiglia di imenotteri che raggruppa ad oggi 29.984 [1] specie, la più nota delle quali è l'ape da miele (Apis mellifera).
La morfologia degli Apoidei riflette la loro specializzazione di insetti bottinatori di polline: il corpo è più o meno ricoperto di peli, l'apparato boccale è adattato al prelievo del nettare, le zampe presentano modificazioni atte a favorire la raccolta del polline; il pungiglione serve solo per la difesa.
L'apparato boccale degli Apoidei è di tipo masticatore-succhiante, masticatore-lambente e masticatore-lambente-succhiante ed è per lo più adatto ad aspirare liquidi zuccherini (nettare, miele, melata). Le mandibole perdono del tutto la capacità di masticare e i liquidi sono succhiati per mezzo del complesso maxillo-labiale: la galea e i palpi labiali sono sviluppati in lunghezza e appiattiti; alla ligula, l'insetto forma un canale di suzione attraverso il quale viene aspirato l'alimento liquido.
Le specie appartenenti alle famiglie più primitive (Colletidae, Andrenidae, Stenotritidae, Halictidae, Melittidae) possiedono una ligula corta che consente loro di bottinare solo fiori che possiedono una corolla poco profonda. Altre (Megachilidae, Apidae) hanno una ligula più adatta alle corolle più profonde [2].
Hanno zampe di tipo fondamentalmente ambulatorio, ma che presentano particolari formazioni finalizzate a raschiare il polline attaccato al corpo e raccoglierlo in un vero e proprio organo di trasporto localizzato nelle tibie posteriori. Una particolare caratteristica degli Apoidei è l'eccezionale sviluppo del primo tarsomero, molto più grande dei successivi.
La stregghia è un particolare adattamento della zampa anteriore, in corrispondenza del primo tarsomero e della tibia, ed ha lo scopo di facilitare la pulizia delle antenne. Il lato ventrale del primo tarsomero, in prossimità dell'articolazione tibio-tarsale, presenta un incavo semicircolare rivestito da una serie di brevi setole, che simulano una spazzola. La chiusura dell'articolazione tibio-tarsale fa in modo che lo sperone distale della tibia si opponga all'apertura dell'incavo chiudendo un lume subcircolare in cui viene fatta passare l'antenna. Lo sperone, in questo modo, esercita una spinta che costringe l'antenna a scorrere dentro l'incavo del tarsomero, mentre le setole raschiano il polline rimasto attaccato alle antenne.
La corbicula o cestella è una concavità presente sulla faccia esterna delle tibie posteriori, sui cui margini sono inserite setole rade e lunghe. L'insetto spazzola il polline dal corpo, aiutandosi con le zampe anteriori e quelle posteriori e lo inumidisce compattandolo sulla cestella; le setole hanno naturalmente la funzione di formare una gabbia che trattiene il polline. Questa struttura si evidenzia in particolare quando le operaie bottinatrici tornano al nido o all'alveare: il polline raccolto si presenta in forma di due masserelle globose, di colore generalmente giallastro, più o meno aranciato, (colori prevalenti, ma non esclusivi, nei pollini), ai lati delle zampe posteriori.
La spazzola o scopa è una serie di setole fitte e robuste, disposte in più file trasversali sulla faccia interna del primo tarsomero delle zampe posteriori. È usata per raschiare il polline dal torace, dalle ali e dall'addome.
La discriminazione sistematica degli Apoidei si avvale della morfologia delle nervature alari[3].
In base al comportamento sociale si distinguono[4]:
La dieta degli Apoidei è estremamente specializzata: essi dipendono totalmente dai fiori per la loro alimentazione. Gli adulti si cibano di nettare, mentre le larve di polline e nettare.
In base alle preferenze fiorali si distinguono[5]:
Non è raro osservare specie ritenute oligolettiche che modificano il loro comportamento in funzione della momentanea indisponibilità di pollini della specie preferita: Colletes cunicularius, per esempio, può orientare la sua attività bottinatrice a specie diverse da Salix spp. in caso di indisponibilità di queste ultime.[6]
Vi sono poi apoidei che mostrando una specializzazione per la raccolta del polline su fiori di specie non nettarifere (ad es.Ophrys spp.), debbono necessariamente ricorrere ad altre specie per soddisfare il loro fabbisogno di glucidi.
Alcune specie non nettarifere ospitano talora colonie di afidi la cui melata si accumula nello sperone dei fiori: è il caso, per esempio, dell'orchidea Himantoglossum robertianum, che ospita numerose colonie dell'afide Dysaphis tulipae, la cui melata funge da attrattiva per l'insetto impollinatore Bombus hortorum[7].
Le api solitarie con comportamenti tradizionali si accoppiano quando i maschi, che anticipano le femmine nell'uscita dalla fase pupale, si accorgono di una femmina con feromone, e quindi la sommergono in gran numero per vincere la concorrenza; generalmente i maschi non sono aggressivi nei confronti dei loro simili ad eccezione di alcuni antoforini e di megachilidi che combattono per allontanare i maschi dal loro territorio.[8] Le femmine costruiscono individualmente il nido, formato da una decina di celle utilizzate per il cibo e muoiono spesso prima della comparsa della nuova generazione di api.[8] Anche le api solitarie sono lavoratrici a tempo pieno, instancabili nella ricerca di cibo, nella deposizione dell'uovo e nello scavo e nella cura delle celle.
Nelle api sociali più evolute come Apis mellifera, la regina è seguita, durante il volo nuziale da moltissimi i maschi, i fuchi. Soltanto pochi fuchi, salvo qualche eccezione, fecondano la femmina, la quale conserva il seme maschile in una spermateca; al momento della ovodeposizione la regina ha la facoltà di controllare il processo di fecondazione delle uova. Le uova non fecondate (o partenogenetiche) producono individui di sesso maschile, geneticamente aploidi, con 16 cromosomi, mentre le uova fecondate producono femmine diploidi, con 32 cromosomi. Se le condizioni ambientali lo consentono una regina arriva a deporre fino a 2000-3000 uova al giorno, inserendo ciascun uovo sul fondo di una celletta.
Alcune api solitarie della sottofamiglia Nomadinae (p.es. Nomada, Epeolus, Triepeolus, Holcopasites) seguono un comportamento cleptoparassitario e depongono le uova nei nidi di altre api. Gli inglesi le chiamano "api cuculo" e le loro larve sono munite di mandibole, con le quali smembrano le larve ospiti e approfittano delle celle di cibo per nutrirsi. Analogo comportamento si osserva tra le Apinae delle tribù Anthophorini[9], Osirini (p.es. Epeoloides spp.)[10] e Euglossini (Exaerete spp. e Aglae spp).[11] Esistono anche casi di parassitismo sociale, in cui la specie parassita depone le proprie uova tra quelle dell'ospite, affidando l'onere delle cure parentali alle operaie della specie ospite[4], come nel caso di alcune specie di Bombus (B. barbutellus, B. insularis, B. vestalis).
Lo stesso argomento in dettaglio: Apis mellifera § Riproduzione.Alcune famiglie di Apoidea (Andrenidae, Melittidae, Halictidae e Colletidae) sono terricole, cioè scavano un nido nel terreno, in un ambiente difficile a causa dell'umidità e quindi della proliferazione batterica, e di funghi. Le specie solitarie terricole sono generalmente dotate di una particolare ghiandola addominale (ghiandola di Dufour) che si apre vicino al pungiglione (aculeo),[8] e che secerne sostanze che impermeabilizzano le celle per le larve ed il cibo; alcune specie, invece, ricoprono le pareti delle celle con sostanze resinose vegetali.
I maschi di alcune specie di api solitarie trascorrono la notte in gruppi su posatoi naturali (piccoli rami di piante, gambi di fiori), ritornando ogni sera allo stesso sito.[12] Una singolare abitudine dei maschi di alcune specie (Nomadinae spp., Anthophorini spp.) è quella di dormire aggrappati per le mandibole ai fusti o alle foglie delle piante.
Altre specie (Xylocopinae, Colletidae) sono lignicole, cioè utilizzano per nidificare le ceppaie, il legname e diversi tipi di fusti vegetali; le Xylocopinae, generalmente riescono a bucare tramite le loro mandibole il legno e talvolta ad arrecare qualche danno alle travi degli edifici.[8]
Altre specie, ancora, utilizzano cavità e substrati di ogni tipo. I Megachilidae, ad esempio, utilizzano il legno ma talvolta anche le anfrattuosità di una pietra, le concavità delle tegole di un tetto, le fessure di un muro, le scarpate, ecc. Megachile centuncularis utilizza gallerie precedentemente scavate negli alberi da insetti xilofagi, come i coleotteri cerambicidi, ricoprendole con frammenti di foglie di rosa, mentre Osmia rufa utilizza i gusci vuoti delle chiocciole, dentro i quali fabbrica caratteristiche cellette a forma di botte; Megachile parietina impasta terra e saliva fabbricando cellette compatte come cemento.
Nei bombi, la regina crea una cavità sferica di 3–4 cm di diametro collegata con l'esterno con un foro di qualche cm di lunghezza. La cavità è creata in un riparo utilizzando i materiali disponibili nell'ambiente. Subito dopo essa costruisce un oriolo di cera per conservarvi il miele, che sarà utilizzato solo quando la regina non può uscire dal nido per avversità climatiche. Inoltre la regina predispone un ammasso di polline a forma di otre, sopra il quale depone 8-16 uova che poi ricopre con cera. Fino al momento della schiusa (4-6 giorni dopo la ovodeposizione), la regina resta nel nido, stando sopra l'ammasso di polline in modo da covare le uova.
La struttura più complessa, che nelle forme più evolute può arrivare ad ospitare decine di migliaia di individui, è rappresentata dal favo, un raggruppamento di celle esagonali modellate con la cera, secreta dalle ghiandole addominali delle operaie.
Gli Apoidei hanno distribuzione pressoché ubiquitaria essendo presenti in tutti i continenti ad eccezione dell'Antartide. Le aree in cui si concentra la maggiore biodiversità sono rappresentate dalle regioni temperate-calde del Mediterraneo e dalla California. Alcune famiglie sono presenti solo in Africa (Meganomiidae) mentre altre hanno in Africa il maggior numero di generi e specie (Dasypodaidae e Melittidae).[13]
La sistematica degli Apoidei ha subito nel corso degli anni notevoli trasformazioni e le esatte relazioni filogenetiche tra le varie famiglie che ne fanno parte rimangono ancora, almeno parzialmente, da chiarire.
Secondo una recente proposta di classificazione la superfamiglia Apoidea comprende 10 famiglie suddivise in due grandi raggruppamenti (Spheciformes e Anthophila)[14]:
Studi successivi[18] hanno portato a 9 il numero di famiglie del raggruppamento Anthophila (e quindi a 13 il numero delle famiglie complessive) elevando alcune sottofamiglie della precedente classificazione al rango di famiglia (Stenotritidae, Meganomiidae e Dasypodaidae).
In araldica l'ape compare frequentemente come simbolo di operosità, lavoro e dolcezza. Talvolta sono rappresentati anche gli alveari.
Le api più note sono quelle portate dalla famiglia Barberini e quelle che ornavano il manto imperiale di Napoleone.
Sono presenti anche negli stemmi di molti comuni italiani[19].
Le api sono state protagoniste di numerosi film tra cui:
Gli Apoidei (Apoidea Latreille, 1802) sono una superfamiglia di imenotteri che raggruppa ad oggi 29.984 specie, la più nota delle quali è l'ape da miele (Apis mellifera).