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Petasites paradoxus (Retz.) Baumg.

Petasites paradoxus ( 義大利語 )

由wikipedia IT提供

Il Farfaraccio niveo (nome scientifico Petasites paradoxus (Retz.) Baumg., 1817) è una pianta erbacea, rustica con numerosi capolini brunastri, appartenente alla famiglia delle Asteraceae.

Sistematica

La famiglia di appartenenza del “Farfaraccio niveo” (Asteraceae) è la più numerosa nel mondo vegetale, organizzata in 1530 generi per un totale di circa 22.750 specie[1]. Nelle classificazioni più vecchie la famiglia delle Asteraceae viene chiamata anche Compositae.
Il genere di appartenenza (Petasites) comprende un paio di dozzine di specie, diffuse nelle zone umide delle regioni temperate dell'emisfero boreale delle quali quattro sono proprie della flora italiana.
All'interno della famiglia delle Asteraceae i “Farfaracci” fanno parte della sottofamiglia delle Tubiflore; sottofamiglia caratterizzata dall'avere capolini con fiori tubulosi al centro ed eventualmente fiori ligulati alla periferia, squame dell'involucro ben sviluppate e frutti con pappo biancastro e morbido. Al livello tassonomico inferiore fanno parte inoltre della tribù delle Senecioideae.
All'interno del genere invece le specie di questa scheda fanno parte della sezione delle EUPETASITES. sezione caratterizzata dall'avere infiorescenze con numerosi capolini spesso organizzati in un racemo allungato (a fine fioritura); con le corolle dei fiori radiali troncate (o lievemente ligulate); con foglie-brattee caulinari sempre lanceolate-acuminate indipendentemente dalla posizione che possono avere lungo il fusto (basale o apicale).

Ibridi

Nell'elenco che segue sono indicati alcuni ibridi interspecifici:

  • Petasites × alpestris Brügger (1880) – Ibrido fra: Petasites hybridus subsp. hybridus P. paradoxus
  • Petasites × lorenzianus Brügger (1880) – Ibrido fra: Petasites albus e P. paradoxus

Sinonimi

La specie di questa scheda ha avuto nel tempo diverse nomenclature. L'elenco che segue indica alcuni tra i sinonimi più frequenti:

  • Petasites niveus (Vill.) Baumg.
  • Petasites vulgaris Desf. (1799) subsp. niveus (Vill.) Bonnier & Layens (1894)
  • Tussilago paradoxa Retz. (1781)

Specie simili

Le uniche quattro specie (relative al territorio italiano) del genere Petasites possono essere confuse tra di loro, specialmente a fioritura finita quando le piante presentano solamente le foglie radicali.

  • Petasites paradoxus (Retz.) Baumg. - Farfaraccio niveo (la specie di questa scheda) : il fusto e i fiori sono come il “Farfaraccio maggiore”, ma l'infiorescenza è più lassa e le foglie hanno una forma più triangolare.
  • Petasites hybridus (L.) Gaertn. & al. - Farfaraccio maggiore: il fusto è rossiccio-bruno; i fiori sono roseo-chiaro: le foglie sono cuoriformi con una evidente insenatura all'inserimento del picciolo; è la specie più alta.
  • Petasites albus (L) Gaertn. - Farfaraccio bianco: il fusto è verde mentre i fiori sono decisamente bianchi; le foglie sono reniformi.
  • Petasites fragrans (Vill.) Presl. - Farfaraccio vaniglione: il fusto e i fiori sono come il “Farfaraccio maggiore”, ma l'infiorescenza è più contratta e le foglie sono rotondeggianti.

Inoltre la pianta di questa scheda può essere confusa con la specie di un altro genere Adenostyles alliariae (Gounan) Kerner – Cavolaccio alpino, in quanto entrambe le specie convivono negli stessi ambienti, questo però se si tratta di individui ridotti alle sole foglie. Si possono distingue comunque in quanto la lamina dell'Adenostyles è più triangolare e le nervature sono disposte in modo alterno (mentre quelle delle foglie del “farfaraccio” sono opposte e più simmetriche).

Etimologia

Sembra che sia stato Dioscoride Pedanio (Anazarbe in Cilicia, 40 circa – 90 circa), medico, botanico e farmacista greco antico che esercitò a Roma ai tempi dell'imperatore Nerone, a nominare per primo queste piante col nome di Petasites riferendosi alle grandi foglie simili al petàsos un cappello a grandi falde usato dai viaggiatori del suo tempo. Nome ripreso più volte in tempi moderni da vari botanici (Tournefort, Adanson o Gaertner) e comunque consolidato, come genere, da Linneo nel 1735 e collocato nelle “Corimbifere”[2][3].
L'epiteto specifico (paradoxus) significa “paradossale”, “insolito”[3]; probabilmente si riferisce a qualche caratteristica che ai primi botanici sembrava particolare e insolita per questa pianta.
Il binomio scientifico attualmente accettato (Petasites paradoxus) è stato proposto dal chimico, botanico ed entomologo svedese Anders Jahan Retzius (Kristianstad, 3 ottobre 1742 – Stoccolma, 6 ottobre 1821) e dal fisico e botanico germanico Johann Christian Gottlob Baumgarten (1765-1843) nato a Luckau, in una pubblicazione del 1817.
In lingua tedesca questa pianta si chiama Alpen-Pestwurz; in francese si chiama Pétasite paradoxal.

Morfologia

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Il portamento

Sono piante robuste e perenni le cui altezza varia da 15 a 60 cm e presentano un forte dimorfismo tra le foglie cauline e quelle radicali. La forma biologica della specie è geofita rizomatosa (G rhiz); ossia sono piante perenni erbacee che portano le gemme in posizione sotterranea. Durante la stagione avversa non presentano organi aerei e le gemme si trovano in organi sotterranei chiamati rizomi, un fusto sotterraneo dal quale, ogni anno, si dipartono radici e fusti aerei (riproduzione vegetativa); altrimenti queste piante si possono riprodurre anche a mezzo seme. Sono inoltre calciofile e igrofile.

Radici

Le radici sono secondarie da rizoma.

Fusto

  • Parte ipogea: la parte sotterranea consiste in un sottile rizoma biancastro.
  • Parte epigea: i fusti aerei sono grossi e tubolosi (cavi) di colore bruno chiaro-rosato. Il portamento è eretto (ma alla fioritura risultano penduli) e non sono ramificati. Nella parte iniziale dello sviluppo (fino alla fioritura) il fusto è ricoperto solamente da squame, poi (a fine fioritura) incominciano a formarsi le foglie radicali.

Foglie

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  • Foglie basali: le foglie radicali sono grandi a forma triangolare-cuoriforme (astate all'apice) e picciolate. Il bordo è regolarmente dentato (non doppio, ma a dentatura semplice) e l'insenatura basale (il punto d'inserzione del picciolo) è assente. La pagina superiore è verde e glabra, mentre quella inferiore è ricoperta da una lanugine biancastra di tipo cotonoso. Il picciolo è poco scanalato e bianco-tomentoso (ma alla fine è glabro). Normalmente queste foglie si formano dopo la fioritura. Dimensioni massime: larghezza 10 – 13 cm; lunghezza 12 – 15 cm. Lunghezza del picciolo 10 – 20 cm.
  • Foglie cauline: quelle cauline sono sessili e abbraccianti il caule; la loro forma è lanceolata con un debole ripiegamento all'apice e rimpiccioliscono lievemente verso l'infiorescenza. Il colore di queste foglie è rosato-violetto.

Infiorescenza

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Infiorescenza
Località: Le Laste, Limana (BL), 661 m s.l.m. - 15/03/2007

L'infiorescenza è formata da diversi capolini sub-sessili. La forma è una racemo ovale che poi alla fioritura si allunga. Le infiorescenze sono comunque tutte terminali. La struttura dei capolini è quella tipica delle Asteraceae : un peduncolo sorregge un involucro campanulato (o sub-cilindrico) composto da diverse (da 12 a 15) squame lineari e non tutte uguali, disposte in modo embricato in un'unica serie (a volte anche in 2 - 3 serie) che fanno da protezione al ricettacolo nudo (senza pagliette), piano o leggermente convesso, ma alveolato, sul quale s'inseriscono due tipi di fiori: i fiori femminili, quelli esterni ligulati (assenti in questa specie), e i fiori ermafroditi quelli centrali tubulosi. Le squame sulla superficie hanno da 1 a 5 nervi, mentre il bordo è scarioso.
Queste piante sono fondamentalmente dioiche in quanto le infiorescenze (rispetto alla composizione dei capolini) possono essere di due tipi[2][4]:

  • Androdiname - piante maschili: alla periferia i fiori femminili sono pochi (da 1 a 20) in un'unica serie; mentre nella zona centrale del disco i fiori ermafroditi sono pochissimi in quanto quasi sempre lo stilo è sterile e quindi in maggioranza i fiori risultano maschili (da 10 a 80); in queste piante inoltre il racemo si presenta più ovale e i fiori appassiscono subito dopo la fioritura. Dimensione dei capolini maschili: larghezza 5 – 10 mm; lunghezza 15 mm.
  • Ginodiname – piante femminili: ala periferia non sono presenti i fiori femminili, mentre nella zona centrale del disco la maggioranza è composta da fiori femminili (da 30 a 130) e pochissimi fiori ermafroditi (o maschili: da 1 a 12); in questo caso l'infiorescenza assomiglia di più ad una pannocchia allargata e l'infiorescenza è più persistente (questo per dare il tempo agli ovari di trasformarsi in frutti). Dimensione dei capolini femminili: larghezza 3 – 8 mm; lunghezza 10 mm.

Fiore

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I fiori

I fiori sono zigomorfi, tetra-ciclici (formati cioè da 4 verticilli: calicecorollaandroceogineceo) e pentameri (calice e corolla formati da 5 elementi). Il colore dei fiori è biancastro tendente al rosato-violetto.

* K 0, C (5), A (5), G 2 (infero)[5]

Frutti

Il frutto è un achenio sub-cilindrico con superficie solcata (5 – 10 coste) e glabra. All'apice è presente un pappo bianco candido formato da diversi peli lunghi (da 60 a 100), molli e denticolati. Dimensione degli acheni 2 – 3 mm.

Distribuzione e habitat

  • Geoelemento: il tipo corologico (area di origine) è Orofita - Sud Europeo.
  • Diffusione: si trova solo sulle Alpi (comune nella parte orientale – raro a occidente: non è presente nelle province di CN, VC e VA). Fuori dall'Italia si può trovare sui seguenti rilievi: Massiccio del Giura, Pirenei, Carpazi e Alpi Dinariche.
  • Habitat: l'habitat tipico per queste piante sono i pendii franosi, i greti dei torrenti montani e i ghiaioni. Il substrato preferito è calcareo con pH basico e medi valori nutrizionali del terreno che deve essere lievemente umido (pianta igrofila e calciofila).
  • Diffusione altitudinale: sui rilievi queste piante si possono trovare dai 600 fino a 2200 m s.l.m.; frequentano quindi i seguenti piani vegetazionali: montano (in parte), subalpino e alpino.

Fitosociologia

Dal punto di vista fitosociologico la specie di questa scheda appartiene alla seguente comunità vegetale[6]:

Formazione : delle comunità delle fessure, delle rupi e dei ghiaioni
Classe : Thlaspietea rotundifolii
Ordine : Thlaspietalia rotundifolii
Alleanza : Petasition paradoxi

Usi

Farmacia

  • Sostanze presenti: olii essenziali, glucoside, mucillagini, tannini, e sali minerali vari[2].
  • Proprietà curative: nella medicina popolare queste piante vengono usate per le loro proprietà vulnerarie (guarisce le ferite), sedative (calma stati nervosi o dolorosi in eccesso), bechiche (azione calmante della tosse).
  • Parti usate: rizomi, capolini e foglie. Le foglie hanno la proprietà di calmare la tosse, mentre invece appena raccolte vengono applicate sulle ulcere per ottenere una rapida cicatrizzazione

Cucina

Viene sconsigliato l'uso edule in quanto questa pianta contiene alcuni alcaloidi epatotossici (alcaloidi pirrolizidinici).

Galleria d'immagini

Note

  1. ^ Eduard Strasburger, Trattato di Botanica. Vol.2, Roma, Antonio Delfino Editore, 2007, pag.858, ISBN 88-7287-344-4.
  2. ^ a b c Giacomo Nicolini, Enciclopedia Botanica Motta. Volume terzo, Milano, Federico Motta Editore, 1960, p. 271.
  3. ^ a b Botanical names, su calflora.net. URL consultato il 14 settembre 2009.
  4. ^ Sandro Pignatti, Flora d'Italia. Volume terzo, Bologna, Edagricole, 1982, p. 111, ISBN 88-506-2449-2.
  5. ^ Tavole di Botanica sistematica, su dipbot.unict.it. URL consultato il 14 settembre 2009 (archiviato dall'url originale il 9 febbraio 2018).
  6. ^ AA.VV., Flora Alpina.Vol.2, Bologna, Zanichelli, 2004, pag.524.

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