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Hylochoerus meinertzhageni ( Italiano )

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L'ilochero (Hylochoerus meinertzhageni, Thomas 1904) è un mammifero della famiglia Suidae, e unico rappresentante del suo genere. È diffuso nelle zone boscose dell'Africa equatoriale.

Descrizione

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Un ilochero mentre bruca l'erba.

I maschi adulti possono raggiungere i 2 m di lunghezza e i 110 cm di altezza al garrese, con un peso che può superare i 220 kg.[2][3] Le femmine sono più piccole dei maschi. L'ilochero è generalmente considerato il più grande membro della famiglia Suidae.

A differenza della maggior parte degli altri suidi, l'ilochero ha una folta copertura di pelo, che però tende a diradarsi con l'età. Il pelo è nero corvino in superficie, ma vicino alla pelle diventa di un color arancio intenso. Le orecchie sono abbastanza grandi e romboidali, le zanne sono di dimensioni minori rispetto al facocero ma più grandi che nel potamochero. Ciononostante, esse possono raggiungere una lunghezza di 35 centimetri.[4]

Anche se conosciuto da millenni dalle popolazioni locali, la scoperta di questo animale da parte degli occidentali avvenne solo nel 1904, a causa dei vari tabù e superstizioni che spingevano gli indigeni all'omertà. Il nome specifico gli fu assegnato in onore di Richard Meinertzhagen che ne uccise un esemplare in Kenya e lo spedì via mare al Museo di storia naturale di Londra.[5]

Distribuzione e habitat

L'ilochero vive nella foresta vergine dell'Africa centro-occidentale, confinato soprattutto nelle aree verdi della Guinea e del Congo. Si spinge tuttavia fino all'altopiano etiopico e nei monti del Ruwenzori. Il suo habitat preferito è costituito dalle foreste inframmezzate a preterie, ma lo si può trovare anche nelle savane alberate e negli ambienti subalpini fino ad un'altitudine di 3.800 metri. L'incapacità di sopportare la bassa umidità o periodi prolungati di esposizione ai raggi diretti del sole fa sì che questi animali siano assenti nelle zone aride o dagli spazi aperti privi di una densa copertura arborea.[3]

Biologia

Comportamento

Vive in grossi gruppi di 20 o più individui composti dalle femmine con i piccoli e spesso un unico vecchio maschio.[2] Subito prima della nascita della prole, però, le coppie si isolano e non tollerano la presenza di altri individui. Questo fatto ne pregiudica l'addomesticabilità e l'allevamento in cattività, poiché questi animali richiederebbero grandi spazi. Per il resto, è molto meno aggressivo degli altri suidi. Quando i piccoli hanno circa una settimana di vita, le femmine ritornano con il branco e tutti i membri del gruppo si prendono cura dell'allevamento e della protezione dei nuovi nati.[4] L'ilochero è considerato un animale notturno, tuttavia nei periodi più freddi è facile avvistarlo anche durante il giorno ed è stato suggerito che sia diurno nelle regioni dove non si sente minacciato dalla presenza dell'uomo.[2]

Alimentazione

Presenta una dieta molto più strettamente erbivora rispetto agli altri suidi e non grufola quasi mai per trovare il cibo, che consiste soprattutto di erba, frutta e foglie.

Predatori

L'ilochero è preda di pochi animali. Vivendo in habitat perlopiù forestali, è al sicuro dal leone, mentre il leopardo attacca preferibilmente i cuccioli e le femmine; ciononostante, alcuni leopardi maschi hanno sviluppato una tecnica particolare per uccidere anche i verri, ovvero gli esemplari maschi: dopo un lungo agguato, il felino balza sulla schiena del suino e, mentre questo si dimena, gli assesta terribili zampate e gli morde il collo. Quindi si ritira, e aspetta che la preda muoia dissanguata. Questa tecnica è comunque potenzialmente molto pericolosa e pochi leopardi specializzati la usano.

Note

  1. ^ (EN) Pigs & Peccaries Specialist Group 1996, Hylochoerus meinertzhageni, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ a b c (EN) M. R. Novak, Walker's Mammals of the World, vol. 2, 6ª ed., Baltimore, Johns Hopkins University Press, 1999, pp. 1059-1069, ISBN 0-8018-5789-9.
  3. ^ a b (EN) J. Kingdon, The Kingdon Guide to African Mammals, London, Academic Press Limited, 1997, pp. 332-333, ISBN 0-12-408355-2.
  4. ^ a b (EN) B. Huffman, Hylochoerus meinertzhageni. Giant forest hog, su Ultimate Ungulates, 2004.
  5. ^ (EN) B. Garfield, The Meinertzhagen Mystery: The Life and Legend of a Colossal Fraud, Washington, Potomac Books, 2007, p. 60, ISBN 1-59797-041-7.

Bibliografia

(EN) D.E. Wilson e D.M. Reeder, Hylochoerus meinertzhageni, in Mammal Species of the World. A Taxonomic and Geographic Reference, 3ª ed., Johns Hopkins University Press, 2005, ISBN 0-8018-8221-4.

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